Appunti, esattamente: nel doppio e deverbale significato di un "rivedere i conti" e di "nota sommaria". Censura e commento, al limite tra situazione e collisione.

Niente di più, forse, di quanto, nella sua perspicuità, Hegel ebbe a descrivere come "prima estrinsecazione individualizzata".

La lirica genera dentro di sé le proprio dissonanze, ma si limita a contemplarle. E' nobile e inerme.

In fondo, schizzi emotivi di un futuro anteriore; reperto di un percorso tra malumore e letteratura.


APPUNTI DI DIARIO MILANESE

(da ALTERNATIVE DI MEMORIA)

libri Scheiwiller - Milano 1995

  1. Galleria, ore 21   (pensando a Jean-Paul Satre)
  2. Piazza Duomo, ore 19.30  (pensando e Franco Fortini)  
  3. Piazza Cavour, ore 9     (pensando a Virginia Wolf)
  4. Stazione, ore 18     (pensando ad Attilio Bertolucci)
  5. Giovanni Raboni, senza ore
  6. Piazza Duomo. ore 20       (pensando a Bortolt Brecht)
  7. Casa del poeta, ore 21    (pensando a Pier Paolo Pasolini)
  8. Via Senato, ore 18           (pensado a me)
  9. Piazza Cavour, ore 17    (pensando a Charles Baudelaire)
  10. Piazza Cairoli, ore 18    (ricordando Marc Chagall)
  11. Via Manzoni, ore 20.30   (pensando a Thamas Stearns Eliot)
  12. Mensa comune, ore 14    (con Anna Drugman)
  13. Piazza Duomo, ore 21    (pensando a Vanni Scheiwiller)
  14. Via Senato, ore 22    (pensando ad André Gide)
  15. Casa di poeta, ore 21.30    (pensando a Franz Kafka)
  16. Via Fatebenefratelli, ore 24 ( pensando ad Albert Camus)
  17. Per un poeta, senza ore
  18. Casa del pittore Dimitri, ore 20     (anche pensando a Rainer Maria Rilke)
  19. Piazza Cavour, ore 20     (pensando ad André Breton)
  20. Piazza Duomo, ore 22    (pensando a Dylan Thomas)
  21. Anna Drugmann, senza ore 
  22. Piazza S. Babila, ore 21     (pensando a Walter Benjamin)
  23. Via Senato, ore 24        (pensando a Bartolo Cattafi)
  24. Casa di poeta, ore 22  (pensando a Oswald Spengler)
  25. Piazza Duomo, ore 22.30    (pensando a Georg Trakl)
  26. Via Vincenzo Monti, ore 23    (pensando a René Char)
  27. Casa di Dimitri, ore 22    (pensando a Silvio D'Arzo)
  28. Via Senato, alba    (pensando a Gottfried Benn)


1. Galleria, ore 21    

 (pensando a Jean-Paul Satre)

 

Inutile scommettere

o anche barare

escogitare colpi di 

mano

se tutto è così fiammante

e così usuale

(specchi concavi, mercanzie,

rivenduglioli per turisti

ragazze da bordello e spie

incanutite, pittori, suonatori,

ciurme incanaglite del

popolo di Dio)

 

se poi le luci sono le

basse ambre del Savini

se nemmeno si sa verso

dove

voltare gli sguardi.

 

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2.Piazza Duomo, ore 19.30

(pensando e Franco Fortini)

 

Quando volta cederà questo

granito

cadranno guglie come teste

per ora non c'è che

la nebbia del tramonto

sulla menzogna dei colombi

luce d'ombra

a ferite gli occhi

a colpire

risolvere gli esosi contratti

la lunga catena del nondetto.

 

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3. Piazza Cavour, ore 9

(pensando a Virginia Wolf)

 

S'ebbero strappi al centro

squarci

qualcuno maledisse

tolse le braccia rovesciò gli occhi

l'ospite allora

ruppe gli ormeggi prese il sacco 

gli arnesi del mestiere

l'isola costeggiando del freddo

naufragio.

 

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4. Stazione, ore 18

(pensando ad Attilio Bertolucci)

 

Bisognerebbe riconoscerla

la parte utile

almeno

individuare il punto di fuga

o d'attrito

il luogo dell'errore

seguendo questi fiumi

acuti

eventualmente

nel transito temporale

disporre permute cambi

proprio il taglio secco di fatica

e pazienza

quasi che qualcuno sopraggiunga

arresti l'opinabile giorno

infine pronunciata la chiara

parola dell'esodo.

 

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5. Giovanni Raboni, senza ore

 

Per strade e conventi

è la fatica del tempo

a strangolare fragranze

di bar e giardini

ammutolire gli occhi dietro

vetrine appannate 

nulla c'è più da colpire

da rodere

da portar via perdere

la nobiltà della medaglia

è il suo rovescio

 

come fosse destino 

o scelta

cercare dov'è l'ultimo fondo

delle cose.

 

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6. Piazza Duomo, ore 20

(pensando a Bortolt Brecht)

 

L'allegria è un becchino

paonazzo e con gli occhiali

scava un poco fa colazione

canticchia

torna a scavare

fino al tramonto.

L'esercito dei ciechi s'incammina.

La buca è pronta per la sera

la giornata è finita.

La giornata è pronta per la 

buca.

 

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7. Casa di poeta, ore 21

 (pensando a Pier Paolo Pasolini)

 

Esorbitante la scintilla

di Lucrezio.

Non il gesto inutile a

scavarsi abissi

chiudere definire spazi

malinconicamente

risuscitare le vecchie storie

 

defraudate di tutto

le parole che cercano senso

c'è adesso un grande 

silenzio.

 

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8. Via Senato, ore 18

(pensando a me)

 

Quel tizio se ci fosse riavrei

al doppio

come Abramo e Giobbe

come non ebbe quel povero

K.

- e io non avrò.

Cielo vuoto dell'età del ferro.

 

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9. Piazza Cavour, ore 17

(pensando a Charles Baudelaire)

 

Capo Horn di tempesta e 

morte.

E' l'età del vento.

Il vecchio capitano dalla tolda

guarda

l'immondo crocevia di

destini

 

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10. Piazza Cairoli, ore 18

(ricordando Marc Chagall)

 

Dietro mendicanti e 

lenoni

oltre gli scali d'arrivo

e partenze

a volo sicuro per 

direzione ignote

sopra la testa di

Garibaldi

fuori da una buca

di metrò

dal neutro clamore di 

passi e ferro

un fosso, un volo di

rondine, la cloaca

maxima, facce vizze,

erbe nane e malate,

tutto in perdita

en avant!

fuori dai coglioni.

 

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11. Via Manzoni, ore 20.30

(pensando a Thamas Stearns Eliot)

 

Si muovono già fantasmi

in quest'ora.

Anche il selciato sotto i

passi si squarcia

fari d'auto ruotando

chiamano da cieche lontananze

in questa arrogante maledizione

serale.

 

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12.Mensa comune, ore 14

(con Anna Drugmann)

 

Del resto

sì, a conti fatti

solo l'assenza - che non è

la morte - scuote

gli animali asserragliati 

nelle tane

e non su cadaveri cotti

posso puntare

su verdure o spezie

sul vino

che in questa scrimaglia d'ossa

obliquo per volti trasuda

allegria di penitenti.

 

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Delle difficoltà di progettare

un libro di poesie da scrivere

(da ALTERNATIVE DI MEMORIA)

libri Scheiwiller - Milano 1995


1. Una paura insorge avendo da por mano a un libro di versi. L'avvertì Mallarmé che non per caso è il primo poeta della modernità

2. La paura non è soltanto quella che proviene dal foglio bianco, ben disteso davanti come un sudario. Questa c'è sempre; e sempre e sempre si continua a scrivere.

3. Il piacere della soggettività è, del resto, supremo e ineliminabile. Nella parola il nudo Narciso contempla se stesso. 

    "In questa coscienza ironica - Hegel insinua - godo soltanto in me".

    Incredibilmente, gli uccelli ritornano a ogni anno nel loro nido.

 

4. Il punto della paura, l'apprensione obliqua è se ancora, rispetto alla poesia, ne valga la pena. E verso chi;

    perché.

    La mancanza di senso della scrittura deturpa Narciso. L'efebo innamorato diventa vecchio catarroso: i sui miopi occhi non hanno più forza di guardare né e neppure dentro.

    Non vedono neppure la fonte dove specchiarsi..

 

5. Il vuoto che tinge sé e di sé tutte le cose. Rispetto a questo vuoto, che davvero non è il nulla bensì il suo opposto: l'imprendibile opacità del mondo.

 

6. Mallarmé impossibilmente tentò per tutta la vita di raggiungere l'imprendibile assolutezza dell'essere.

    L'importanza tradotta in simboli. Lo scacco definitivo della poesia.

 

7. Il dolore non ha parola.

    Non è allora questo la parola: sostituzione del dolore, dunque abolizione del mondo?

    In altri termini: mettere tra parentesi ciò per cui varrebbe la pena - si dovrebbe - parlare?

 

8. La parola non dice la disperazione; la quale è silenziosa.

    La parola stessa è disperazione; ma per propria impotenza.

    Davvero: niente di nobile.

 

9. In poesia può funzionare tutto - eccetto la funzione.

 

10. La calamita attrae a sé il ferro: dall'inerzia all'inerzia attraverso il moto.

      Come dalla quiete alla contemplazione, mediante la poesia.

 

11. I bambini affascinati guardano il giuoco; si stancano presto - come do ogni meccanica.

 

12. La parola: segni sul foglio.

      Troppo poco rispetto alla gran ressa del mondo.

 

13. Perciò i poeti si mettono a cantare.

      Ma non è un ritorno alle origini. Gli aedi non vengono incontro, né offrono miele, né danno la propria casa.

      Sembrerebbe piuttosto il presentimento esorcizzato di una fine.

 

14. La parola è spiga che gonfia, verde tepore di genesi.

      L'estate arde le valli e brucia i canneti. Le spighe muoiono per forza propria.

 

15. L'ossimoro parrebbe un atto contro natura: esige il simile e il suo opposto, li scioglie entrambi, si fa figura. Perciò ogni volta ha bisogno di abbandono e di complicità: affinché  

      possa diffondere allarmi per conflagrazione non necessarie e senza conseguenze.

 

16. Poeta sarà colui che almeno una volta avrà avuto vergogna di diventarlo.

 

17. Le diverse teoriche sui significanti sembrano aver concesso alla poesia pura fondamento (e la legittimazione) che i poeti - pur a volte mollemente proclamano il contrario -   

      hanno sempre cercato.

      Ma, a parte che abbiamo avuto una Ragione Pura, e sappiamo la miserevole fine che ha fatto, di che dovrebbe essere "pura" la poesia, se non dei residui empirici?

      Cioè dello sgomento, dei terrori, delle sventure, di ogni atrocità?

      E non sarebbe, allora, il niente tradotto nel niente?

 

18.  Si narra che Diogene, ascoltando Zenone l'eleatico che negava la possibilità del movimento, si fosse messo a camminare.

       Lo confutava, confermandolo.

       I poeti scrivono poesie.

 

19. Eppure, proprio perché impotente, la poesia può parlare.

      Si rivolge anche all'uomo.

      Tanto, non ha nulla da dirgli.

 

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