Appunti, esattamente: nel doppio e deverbale significato di un "rivedere i conti" e di "nota sommaria". Censura e commento, al limite tra situazione e collisione.
Niente di più, forse, di quanto, nella sua perspicuità, Hegel ebbe a descrivere come "prima estrinsecazione individualizzata".
La lirica genera dentro di sé le proprio dissonanze, ma si limita a contemplarle. E' nobile e inerme.
In fondo, schizzi emotivi di un futuro anteriore; reperto di un percorso tra malumore e letteratura.
(da ALTERNATIVE DI MEMORIA)
libri Scheiwiller - Milano 1995
Via Senato, alba (pensando a Gottfried Benn)
1. Galleria, ore 21(pensando a Jean-Paul Satre)
Inutile scommettere o anche barare escogitare colpi di mano se tutto è così fiammante e così usuale (specchi concavi, mercanzie, rivenduglioli per turisti ragazze da bordello e spie incanutite, pittori, suonatori, ciurme incanaglite del popolo di Dio)
se poi le luci sono le basse ambre del Savini se nemmeno si sa verso dove voltare gli sguardi.
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2.Piazza Duomo, ore 19.30(pensando e Franco Fortini)
Quando volta cederà questo granito cadranno guglie come teste per ora non c'è che la nebbia del tramonto sulla menzogna dei colombi luce d'ombra a ferite gli occhi a colpire risolvere gli esosi contratti la lunga catena del nondetto.
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3. Piazza Cavour, ore 9(pensando a Virginia Wolf)
S'ebbero strappi al centro squarci qualcuno maledisse tolse le braccia rovesciò gli occhi l'ospite allora ruppe gli ormeggi prese il sacco gli arnesi del mestiere l'isola costeggiando del freddo naufragio.
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4. Stazione, ore 18(pensando ad Attilio Bertolucci)
Bisognerebbe riconoscerla la parte utile almeno individuare il punto di fuga o d'attrito il luogo dell'errore seguendo questi fiumi acuti eventualmente nel transito temporale disporre permute cambi proprio il taglio secco di fatica e pazienza quasi che qualcuno sopraggiunga arresti l'opinabile giorno infine pronunciata la chiara parola dell'esodo.
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5. Giovanni Raboni, senza ore
Per strade e conventi è la fatica del tempo a strangolare fragranze di bar e giardini ammutolire gli occhi dietro vetrine appannate nulla c'è più da colpire da rodere da portar via perdere la nobiltà della medaglia è il suo rovescio
come fosse destino o scelta cercare dov'è l'ultimo fondo delle cose.
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6. Piazza Duomo, ore 20(pensando a Bortolt Brecht)
L'allegria è un becchino paonazzo e con gli occhiali scava un poco fa colazione canticchia torna a scavare fino al tramonto. L'esercito dei ciechi s'incammina. La buca è pronta per la sera la giornata è finita. La giornata è pronta per la buca.
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7. Casa di poeta, ore 21(pensando a Pier Paolo Pasolini)
Esorbitante la scintilla di Lucrezio. Non il gesto inutile a scavarsi abissi chiudere definire spazi malinconicamente risuscitare le vecchie storie
defraudate di tutto le parole che cercano senso c'è adesso un grande silenzio.
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8. Via Senato, ore 18(pensando a me)
Quel tizio se ci fosse riavrei al doppio come Abramo e Giobbe come non ebbe quel povero K. - e io non avrò. Cielo vuoto dell'età del ferro.
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9. Piazza Cavour, ore 17(pensando a Charles Baudelaire)
Capo Horn di tempesta e morte. E' l'età del vento. Il vecchio capitano dalla tolda guarda l'immondo crocevia di destini
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10. Piazza Cairoli, ore 18(ricordando Marc Chagall)
Dietro mendicanti e lenoni oltre gli scali d'arrivo e partenze a volo sicuro per direzione ignote sopra la testa di Garibaldi fuori da una buca di metrò dal neutro clamore di passi e ferro un fosso, un volo di rondine, la cloaca maxima, facce vizze, erbe nane e malate, tutto in perdita en avant! fuori dai coglioni.
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11. Via Manzoni, ore 20.30(pensando a Thamas Stearns Eliot)
Si muovono già fantasmi in quest'ora. Anche il selciato sotto i passi si squarcia fari d'auto ruotando chiamano da cieche lontananze in questa arrogante maledizione serale.
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12.Mensa comune, ore 14(con Anna Drugmann)
Del resto sì, a conti fatti solo l'assenza - che non è la morte - scuote gli animali asserragliati nelle tane e non su cadaveri cotti posso puntare su verdure o spezie sul vino che in questa scrimaglia d'ossa obliquo per volti trasuda allegria di penitenti.
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(da ALTERNATIVE DI MEMORIA)
libri Scheiwiller - Milano 1995
1. Una paura insorge avendo da por mano a un libro di versi. L'avvertì Mallarmé che non per caso è il primo poeta della modernità
2. La paura non è soltanto quella che proviene dal foglio bianco, ben disteso davanti come un sudario. Questa c'è sempre; e sempre e sempre si continua a scrivere.
3. Il piacere della soggettività è, del resto, supremo e ineliminabile. Nella parola il nudo Narciso contempla se stesso.
"In questa coscienza ironica - Hegel insinua - godo soltanto in me".
Incredibilmente, gli uccelli ritornano a ogni anno nel loro nido.
4. Il punto della paura, l'apprensione obliqua è se ancora, rispetto alla poesia, ne valga la pena. E verso chi;
perché.
La mancanza di senso della scrittura deturpa Narciso. L'efebo innamorato diventa vecchio catarroso: i sui miopi occhi non hanno più forza di guardare né e neppure dentro.
Non vedono neppure la fonte dove specchiarsi..
5. Il vuoto che tinge sé e di sé tutte le cose. Rispetto a questo vuoto, che davvero non è il nulla bensì il suo opposto: l'imprendibile opacità del mondo.
6. Mallarmé impossibilmente tentò per tutta la vita di raggiungere l'imprendibile assolutezza dell'essere.
L'importanza tradotta in simboli. Lo scacco definitivo della poesia.
7. Il dolore non ha parola.
Non è allora questo la parola: sostituzione del dolore, dunque abolizione del mondo?
In altri termini: mettere tra parentesi ciò per cui varrebbe la pena - si dovrebbe - parlare?
8. La parola non dice la disperazione; la quale è silenziosa.
La parola stessa è disperazione; ma per propria impotenza.
Davvero: niente di nobile.
9. In poesia può funzionare tutto - eccetto la funzione.
10. La calamita attrae a sé il ferro: dall'inerzia all'inerzia attraverso il moto.
Come dalla quiete alla contemplazione, mediante la poesia.
11. I bambini affascinati guardano il giuoco; si stancano presto - come do ogni meccanica.
12. La parola: segni sul foglio.
Troppo poco rispetto alla gran ressa del mondo.
13. Perciò i poeti si mettono a cantare.
Ma non è un ritorno alle origini. Gli aedi non vengono incontro, né offrono miele, né danno la propria casa.
Sembrerebbe piuttosto il presentimento esorcizzato di una fine.
14. La parola è spiga che gonfia, verde tepore di genesi.
L'estate arde le valli e brucia i canneti. Le spighe muoiono per forza propria.
15. L'ossimoro parrebbe un atto contro natura: esige il simile e il suo opposto, li scioglie entrambi, si fa figura. Perciò ogni volta ha bisogno di abbandono e di complicità: affinché
possa diffondere allarmi per conflagrazione non necessarie e senza conseguenze.
16. Poeta sarà colui che almeno una volta avrà avuto vergogna di diventarlo.
17. Le diverse teoriche sui significanti sembrano aver concesso alla poesia pura fondamento (e la legittimazione) che i poeti - pur a volte mollemente proclamano il contrario -
hanno sempre cercato.
Ma, a parte che abbiamo avuto una Ragione Pura, e sappiamo la miserevole fine che ha fatto, di che dovrebbe essere "pura" la poesia, se non dei residui empirici?
Cioè dello sgomento, dei terrori, delle sventure, di ogni atrocità?
E non sarebbe, allora, il niente tradotto nel niente?
18. Si narra che Diogene, ascoltando Zenone l'eleatico che negava la possibilità del movimento, si fosse messo a camminare.
Lo confutava, confermandolo.
I poeti scrivono poesie.
19. Eppure, proprio perché impotente, la poesia può parlare.
Si rivolge anche all'uomo.
Tanto, non ha nulla da dirgli.
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